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"Saluto Sua Eccellenza il Prefetto, tutte le Autorità Civili, Militari e Religiose, i colleghi Sindaci, tutti i cittadini intervenuti e i bambini delle scuole che hanno accompagnato l'Inno Nazionale.

Celebrare ogni anno la data del 2 giugno 1946 ha due significati profondi.

Da un lato, significa coltivare la memoria della propria storia e consolidare la propria identità democratica: un paese che non fa memoria delle date cruciali del suo passato non ha identità, perchè queste date e i fatti che sono accaduti in quei giorni sono come le pietre angolari dell'edificio civico che oggi abitiamo. Questo vale per tutte le festività civili ma vale a maggior ragione per il 2 giugno. 

Dall'altro lato, significa anche chiedersi come quei fatti possano rappresentare un insegnamento per il presente, uno stimolo per il futuro.

 

Nel 1946, l'Italia era una paese reduce da venti anni di dittatura, che non solo aveva annullato le libere elezioni ma aveva azzerato anche ogni forma di attività politica, di libera associazione, di libero pensiero e di cittadinanza attiva.

 

Era un paese reduce da tre anni di sostanziale dissoluzione dello Stato, che aveva fatto venire meno ogni punto di riferimento istituzionale per un popolo che l'8 settembre 1943 si è trovato smarrito.

 

Era un paese che aveva vissuto l'occupazione non solo di un paese straniero ma di un regime aberrante come il nazismo e un paese che aveva vissuto una lotta interna tra chi sosteneva quell'occupazione nazista e chi invece combatteva per la libertà.

 

Era un paese reduce dalla distruzione del conflitto mondiale, distruzione materiale, distruzione economica e distruzione morale, riscattata solo dalla liberazione del 25 aprile e dalla lotta partigiana nel nord Italia.

 

In questo quadro, dopo solo un anno dalla liberazione, in un solo giorno il Paese ha affrontato un doppia sfida democratica di altissimo profilo: il referendum per la Repubblica e l'elezione della Assemblea Costituente.

 

Una doppia sfida che presuppone una grande maturità civica anche perchè ha, in sé, due carattistiche quasi contrapposte:

- se, da un lato, il referendum per sua natura è necessariamente e nettamente bipolare, dovendo decidere per l'una o per l'altra opzione,

- dall'altro lato, l'elezione dell'Assemblea Costituente, con il metodo proporzionale, ha espresso un voto plurale, distribuito in numerose liste e dando vita a tre partiti di massa, dove la corrispondenza tra scelta politica e scelta istituzionale si è sovrapposta solo parzialmente.

 

Possiamo immaginare cosa ciò abbia potuto rappresentare nella discussione, nella elaborazione, nelle scelte di ciascun italiano e possiamo immaginare anche come ciò abbia potuto mettere a dura prova i partiti politici nel nuovo contesto pienamente democratico.

 

Non solo ma questa grande sfida democratica è stata affrontata per la prima volta con il suffragio davvero universale, potendo finalmente votare anche le donne, determinando un grande cambiamento non solo istituzionale e politico ma direi proprio sociale.

 

Una grande prova di democrazia, nella quale il popolo italiano ha posto le fondamenta del proprio futuro e, scegliendo la repubblica e la assemblea incaricata di redigere la Costituzione, l'ha fatto assumendosi pienamente la responsabilità del proprio destino. Da quel giorno, ha preso avvio un cammino che, grazie alla solida Costituzione che quell'Assemblea ci ha donato, ha consentito al paese nei successivi decenni di attraversare e superare fasi estremamente difficili sul piano sociale, politico e istituzionale.

 

Come disse Calamandrei: “Mai nella storia è avvenuto né mai ancora avverrà che una repubblica sia stata proclamata per libera scelta di un popolo mentre era ancora sul trono il Re”.

 

Per dare l'idea del clima dell'epoca, è commuovente il racconto della giornalista Anna Garofalo che disse: “Lunghissima attesa davanti ai seggi elettorali. Sembra di essere tornati alle code per l'acqua, per i generi razionati. Abbiamo tutti nel petto un vuoto da giorni d'esame, ripassiamo mentalmente la lezione: quel simbolo, quel segno, una crocetta accanto a quel nome. Stringiamo le schede, come biglietti d'amore. Si vedono molti sgabelli pieghevoli infilati al braccio di donne timorose di stancarsi e molte tasche gonfie per il pacchetto. Le conversazioni che nascono tra uomini e donne hanno un segno diverso, alla pari

 

Una festa della democrazia. Una festa della politica. Un popolo con le molteplici ferite ancora aperte che prende in mano il proprio destino.

 

Questo è il messaggio potente che il 2 giugno ci propone ogni anno. In un'epoca in cui l'affluenza ai seggi è sempre più bassa, in cui viviamo una crisi della rappresentanza, in cui i partiti politici e la politica vengono spesso screditati, in cui le discussioni si riducono sovente a liti e le scelte appaiono dettate più da posizionamenti individuali che da visioni strategiche, il 2 giugno ci stimola a tenere viva la democrazia, a dare valore alla politica.

 

Anzi, il 2 giugno ci dice che per risollevare le sorti di un paese prostrato, occorre imboccare la strada della democrazia, della politica e della partecipazione. Ma per farlo occorre che tutti noi, ciascuno nel suo ruolo, chi ha responsabilità politica o istituzionale e chi esercita i diritti di cittadinanza, assumiamo la responsabilità di dare valore alla politica e alla democrazia nel solco della nostra splendida Costituzione.

 

Politica come luogo in incontro e prossimità, come forma di partecipazione, di discussione, di confronto, di elaborazione di progetti e di soluzione di problemi complessi.

 

Pertanto, celebrare il 2 giugno significa rinnovare il nostro impegno democratico, la nostra responsabilità di cittadini e di rappresentanti delle istituzioni, ispirati dalla nostra Costituzione, per il futuro del nostro Paese".

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